Fondazione Paolo Grassi – la voce della cultura è profondamente grata per la partecipazione massiva del pubblico all’incontro dello scorso 30 ottobre.

Al termine della Commemorazione, la riflessione di Angelo Foletto:

“Due ore erano poche per la voglia degli ospiti di raccontare il loro Paolo Grassi. L’incontro-ricordo, anche lezione postuma, organizzato dalla Fondazione Grassi nel giorno del centesimo compleanno ha chiamato alla Scala un pubblico di amici più che addetti, ma anche di persone che la Scala di Grassi, argomento di testa degli interventi, l’hanno goduta non dalla platea e la ricordano come una stagione di “liberazione”. Quando il teatro spogliato da Grassi dei suoi orgogli inutili ma reso consapevole della propria dignità d’arte e del ruolo di centrale di creatore e distributore idee e di cultura che parlavano il linguaggio della musica, fu restituito alla città e al pubblico vero (degli abbonati era già). Un luogo di spettacolo dove si andava perché si “doveva” andare se si era cittadini consapevole – nelle sere lasciate libere dalla programmazione del Piccolo e degli altri teatri, s’intende – ma anche un termometro delle passioni culturali e civili. Oltre che un laboratorio di metodi di lavoro e di operosità gestionali, di attenzioni speciali quasi ossequio per il lavoro del teatro e i suoi protagonisti, di proposte artisticamente alte e non limitate nel repertorio. Tutto ciò non è stato ‘commemorato’ ma solo filtrato da qualche nostalgia da Daniele Abbado, Filippo Del Corno, Riccardo Chailly, Filippo Crivelli, Alexander Pereira, Sebastian F. Schwarz, Andrea Estero, Mimma Guastoni, Cecilia Balestra, Claudia Ferrari, Mattia Palma e Carlo Torresani; perché quello di Grassi è un modello vivo che si può ancora approfondire, ritardandone la consegna fossile alla storia. A quasi mezzo secolo, gli anni scaligeri (1972-77) di Grassi suscitano ancora polemiche e ammirazione. Si studiano i suoi scritti pubblici e privati come libri di storia, di politica e di costume teatrale molto più realistici delle cronache del tempo. E chi non ha l’età per avere vissuto in prima persona quella stagione unica della Scala – erano la maggior parte degli invitati a parlare – guarda alla lezione di Grassi, la analizza e la cita, ancora come un modello («seminale» ha sintetizzato l’assessore Del Corno, anche lui anagraficamente troppo giovane) di coerenza e intelligenza a lunga e larga gittata, di intuizione sociale e di passione per il teatro che negli anni scaligeri fu espressa al massimo grado. Ma che può ancora insegnare, suscitare interesse e essere considerata un esempio con cui confrontarsi giorno per giorno anche oggi per capire se la rotta è la più culturalmente redditizia e “pubblica”; se la norma di governo instituita e interpretata da lui, inventore più o meno consapevole della figura del moderno operatore/mediatore culturale, sia una fiammella capace di illuminare la strada non facile della politica e della gestione dei teatri di oggi”.

Grazie a tutti!